Conoscere l’umanità dei clienti per andar loro incontro
Ricordi la scena di qualche anno fa? Durante un’intervista in diretta per BBC News i figli del giornalista fanno irruzione nel suo ufficio in casa.
Lui prova a ignorarli cercando di mantenere la concentrazione, mentre una donna, sperando di essere fuori dall’inquadratura, striscia sul pavimento per portarli via. Se questa cosa succedesse oggi forse il giornalista non sarebbe così imbarazzato.
Guardando quel video ricordo di aver pensato: non sarebbe stato più facile e piacevole vedere il giornalista continuare a parlare prendendo in braccio il figlio? Ci ho ripensato in questi giorni e mi sono detta che no, non è facile. O almeno non lo era fino a poco tempo fa.
Tenere separati lavoro e vita privata
Non so a te, ma a me hanno insegnato che per essere professionale devi tenere separati lavoro e vita privata, soprattutto se sei una donna. Le faccende personali non devono intaccare le performance e i tuoi problemi non devono abbassare la produttività.
Ho cambiato completamente lavoro nel 2013, dopo due maternità. Mi chiedevo: avere due figlie sarà visto con sollievo perché statisticamente sono meno a rischio di un terzo congedo, o sarò etichettata come quella con la testa altrove, che chiede permessi appena c’è un naso che gocciola? Per sicurezza non dicevo nulla: ai colloqui nascondevo i seggiolini auto delle mie figlie nel bagagliaio.
Poi mi sono messa in proprio e la rigidità è scomparsa, nel bene e nel male. Difendere i miei spazi di lavoro è diventato impegnativo, ma non avere più nessuno a cui rendere conto di tutte le sfumature della mia vita è stata una liberazione. Mi sono accorta – a posteriori – di che sforzo stessi facendo per tenere separato il lavoro dalla “vita vera”, come se in ufficio non potessi essere davvero io.
Smart working o human working
Durante questo periodo di smart working obbligato, la rigidità della divisione lavoro-casa è caduta per tutti. Non serve più preparare lo sfondo alla call con la libreria in ordine cromatico; possiamo anche arrivare un po’ spettinate, tanto nessuno va più dal parrucchiere, nemmeno il Presidente. Se mia figlia compare dietro di me durante una riunione posso lasciarla salutare in camera, poi accompagnarla fuori e ricominciare a parlare di lavoro senza perdere credibilità.
L’umanità che si sta infiltrando nelle maglie allentate del lavoro da casa è forse l’unica cosa che apprezzo di questo periodo. Abbiamo tutti mille sfaccettature, forse non sempre coerenti con l’immagine di noi che vorremmo dare, ma che contribuiscono a creare le risorse e le abilità che mettiamo in gioco tutti i giorni, anche sul lavoro.
Cosa succede se i clienti scoprono la mia umanità?
Avevo iniziato a scrivere questo articolo, mi sono distratta e sono finita su LinkedIn a leggere Annamaria Anelli.
“Viviamo una realtà che si compone di gatti, di famiglia, di case che non sono perfetti set, ma spazi che parlano di noi e di come siamo: come professionisti, ma anche come persone.”
Mi sono chiesta: cosa succede se i clienti mi scelgono non solo come professionista ma anche come persona? Se creo un rapporto basato su valori comuni, se lascio che le persone mi conoscano, quante opportunità in più possono circolare?
E se io scopro l’umanità dei miei clienti?
Per la maggior parte di noi è un periodo in cui vendere è difficile, quasi fuori luogo. Che cosa resta da fare? Per me la risposta è ascoltare. Conoscere l’umanità dei miei clienti mi permette di andar loro incontro, capire i loro bisogni e il modo in cui vogliono essere aiutati.
Per le aziende non è diverso. Magari non si entra nelle case dei clienti con skype, ma basta stare sui social e leggere che cosa ci scrivono. O magari inviare una newsletter e chiedere: come va? C’è qualcosa che posso fare e che ti aiuterebbe in questo momento? Le risposte arrivano e, oltre a esserci di grande conforto, colorano gli identikit sbiaditi delle buyer personas che avevamo tratteggiato sotto l’etichetta target, bersaglio.
Spero che – quando approderemo alla prossima versione della normalità – noi, consulenti e aziende, ricorderemo tutto quello che stiamo sperimentando. Perché dopo esserci sentiti così esposti, nessuno sarà più disponibile a farsi trattare come un bersaglio.